Bridgerton: ambientazioni fatate per donne emancipate
Bridgerton: ambientazioni fatate per donne emancipate

Bridgerton: ambientazioni fatate per donne emancipate

Bridgerton – Photo by Shayna Douglas on Unsplash

La serie televisiva prodotta da Netflix, Bridgerton, è certamente uno dei fenomeni televisivi più interessanti degli ultimi tempi. Il ritorno alle serie in costume, d’altronde, si è mostrato come una costante negli ultimi anni: basti pensare a titoli quali Reign, i Tudors, i Medici… Evidentemente, allora, il fascino dei tempi passati possiede ancora un certo ascendente sugli spettatori attuali. Nel mondo pseudo-vittoriano di Bridgerton, il tema principale è sostanzialmente uno: il matrimonio. I suoi protagonisti trascorro giornate intere, o meglio mesi, alla ricerca del partito perfetto. Ovviamente, dopo vari sforzi, trovano un amore vero, potente e addirittura superiore alle loro più rosee aspettative. L’happy ending, d’altronde, in queste situazioni è d’obbligo. Ma… era davvero così?

Un breve recap: le vicende della famiglia Bridgerton

Per chi se lo fosse perso, Bridgerton racconta, appunto, le “avventure sentimentali” dei fratelli Bridgerton. Tutti loro hanno a che fare con l’imbellettato mondo inglese. Un mondo vittoriano, aristocratico, dove le incombenze pratiche sono alleggerite (forse) nel corso della famigerata “stagione“: il breve periodo che segna l’ingresso in società di molte nobili fanciulle, tutte in cerca di marito.

Nella prima stagione la protagonista era Daphne Bridgerton. La giovane ragazza, ansiosa di entrare nel rigido gioco di pedine aristocratico, finisce per innamorarsi alla fine del duca di Hastings, Simon. Nella stagione appena uscita, invece, è il maggiore dei fratelli Bridgerton, Anthony, a voler prendere moglie. I suoi occhi si posano sulla giovane Edwina Sharma; non tutto, però, andrà secondo i suoi piani, anzi… A capitolare, infatti, non sarà il cosiddetto “diamante della stagione”, bensì la sorella, Kate.

La serie TV ha avuto un grandissimo successo già pochi giorni dopo l’uscita della prima stagione. Il vivace incrocio tra storia e pettegolezzo, tra convenzioni sociali e amori che travalicano ogni confine, ha incontrato i gusti del pubblico. Certo è, che quanto vediamo nello schermo era piuttosto distante dalla realtà dei fatti. Si tratta, infatti, di una proiezione anacronistica in un’epoca passata della nostra personale percezione dell’amore. Eppure, quanto c’è di vero a proposito del ruolo rivestito dalla donna in questo gioco di coppie?

La condizione della donna vittoriana

Nell’800, la donna non era considerata un soggetto legalmente indipendente. Per tutto il corso della sua vita, infatti, doveva essere una figura maschile a curare i suoi interessi e a difenderla. Che si trattasse del padre, del fratello o del marito, in ogni caso la vita della donna era sempre nelle mani di un uomo.

Il momento in cui una fanciulla godeva di maggior libertà era proprio quello del corteggiamento. Tra passeggiate, eventi pubblici e ritrovi, il suo compito principale stava nel mostrarsi agli scapoli in circolazione, per fare mostra delle proprie qualità. Tra le abilità meglio valutate c’erano la conoscenza delle letterature, la capacità di suonare uno strumento musicale, anche l’abilità nella danza. La cultura di una donna, comunque, non doveva mai essere eccessivamente approfondita. Una donna maggiormente consapevole del mondo attorno a lei, d’altronde, poteva costituire un “pericoloso” nucleo sovversivo rispetto alla società maschilista in cui era immersa.

Oltre al suo ruolo sociale, la donna doveva principalmente mostrarsi come preziosa moglie e madre. Una moglie capace, dunque, di prendersi cura del focolare domestico. L’ideale di ogni uomo con intenzione di accasarsi, d’altronde, stava nell’arrivare a casa la sera e trovare ogni cosa al suo posto. La donna era colei che, più di ogni altra cosa, doveva assicurare il mantenimento di tale ordine prestabilito.

L’emancipazione femminile in Bridgerton: lady Whistledown

Nel parlare di emancipazione femminile, una figura simbolo è decisamente Penelope Featherington. L’anatroccolo della società londinese, disprezzata e mai considerata come possibile moglie, in realtà non è altri che Lady Whistledown. Trattasi di un’ignota autrice di un opuscolo di gossip, che si diverte a smascherare le ipocrisie del suo mondo. Inizialmente, la Whistledown agisce limitandosi a raccontare i pettegolezzi dell’alta società; poi, però, amplia il suo raggio d’azione, giungendo ad abbozzare addirittura all’ipotesi di conferire maggiori diritti alle donne.

Il contributo determinante di Penelope, alias Lady Whistledown, sta nella sua stessa esistenza. L’idea di una donna giornalista, in epoca vittoriana, doveva risultare a dir poco scandalosa. L’immaginario comune prevedeva, sì, la capacità di leggere, magari di scrivere poesie, ma certo non la facoltà di attaccare le influenti personalità dell’aristocrazia. L’attacco divertito della Whistledown, peraltro, non prevede spiriti o macchinazioni malvagie sottese alle sue divagazioni. Molto più semplicemente, l’arma di Penelope è solo una: la penna.

Attraverso le righe di un semplice opuscolo, anche la donna ha così modo di affermare la sua posizione in società. Una posizione che, pur celata dall’oscurità, è ben capace di svelare le ipocrisie altrui. È per questo che, per noi, Penelope è la vera rivelazione dei romanzi di Julia Quinn, da cui la serie trae ispirazione. Con lei, anche la donna meno indicata e considerata è capace di affermarsi prepotentemente nel panorama del mondo in cui vive. Il segreto del suo successo, infatti, sta negli occhi di chi guarda: Penelope non è inadatta, ma semplicemente diversa dalle aspettative di chi si rappresenta il concetto di donna. Proprio così, dunque, ancora una volta, una donna è capace di ribaltare l’idea del suo interlocutore, e lo fa attraverso una sottile, nobile, elegante arguzia.

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