L’esercito di Roma: una macchina da guerra
L’esercito di Roma: una macchina da guerra

L’esercito di Roma: una macchina da guerra

L’esercito di Roma – Photo by Massimo Virgilio on Unsplash

Il nome di Roma, nell’antichità, destava timore soprattutto a causa della sua potenza militare. La forza del suo esercito, infatti, costituiva uno dei segreti della grande espansione romana. Moltissimi popoli e regni sono caduti di fronte a una tattica e a un nucleo militare che si sono rivelati davvero ineccepibili. Quest’oggi vogliamo spiegarvi un po’ meglio come era composto l’esercito di Roma. Spesso, infatti, pur nella consapevolezza della sua potenza, non si sa nulla riguardo la sua struttura interna. Una struttura, questa, che si è delineata nel tempo e si è affermata grazie a un genio militare tutto romano (o quasi).

Le unità dell’esercito di Roma

L’unità base dell’esercito di Roma è il celebre legionario. Si tratta di una figura affine al soldato greco per eccellenza, l’oplite. Come lui, infatti, il legionario romano era un proprietario terriero, armato sia per la difesa che per l’offesa. Per la recluta, ci si rifaceva a un criterio di censo che portava a una suddivisione:

  • I cittadini più ricchi erano cavalieri.
  • I cittadini più poveri, invece, erano arruolati nelle funzioni di logistica di supporto.
  • I normali proprietari terrieri, infine, componevano le varie centurie.

Oltre ai normali cittadini, l’esercito romano comprendeva anche gli ausiliari. Si trattava di uomini che appartenevano sottomessi e che venivano inquadrati nelle file armate. Pur non essendo cittadini, gli ausiliari potevano rivestire un ruolo fondamentale all’interno dell’esercito, per il loro alto grado di specializzazione. Tra loro, infatti, rientravano i cavalieri, centrali nelle manovre di aggiramento dell’esercito avversario. Oltre alla cavalleria, gli ausiliari potevano essere anche arcieri, frombolieri, addirittura esploratori.

La disposizione dei soldati nell’esercito

La base della legione romana non era altro che una camerata. In ogni accampamento, infatti, i soldati erano riuniti in gruppi di otto; ogni gruppo dormiva assieme, e costituiva un’unità imprescindibile, legata anche a livello personale.

  • Dieci camerate, quindi ottanta uomini, componevano una centuria.
  • Sei centurie componevano una coorte, per un totale di 480 uomini.
  • Dieci coorti, infine, assieme a una piccola unità di cavalleria, costituivano la legione.

Il segreto fondamentale della potenza romana sta, in realtà, in un’ulteriore divisione dei legionari. Per ottimizzare al meglio le singole potenzialità, infatti, si erano individuate tre sezioni fondamentali. Questa scansione interna non era fine a se stessa, anzi: era il segreto dell’inesauribile forza dell’esercito.

  • Gli hastati. Erano i soldati più giovani, possenti ma senza esperienza bellica. All’interno dello schieramento armato, si collocavano in prima linea.
  • I principes. Erano uomini con un’esperienza di qualche anno alle spalle, ma ancora giovani. Stavano in seconda fila.
  • I triarii. Si trattava dei più anziani (fino ai quarantacinque anni), dotati di grande esperienza, ma meno incisivi a livello fisico.

La potenza dell’esercito di Roma: l’assetto in battaglia

Nel momento della battaglia, la legione si disponeva a scacchiera. Non c’era, dunque, uno schieramento compatto, come nel caso dell’esercito di Alessandro Magno. Ma a che scopo creare degli spazi vuoti tra i vari reparti?

Il segreto della disposizione dell’esercito stava nell’alternarsi delle tre classi di età. Lasciamo che le parole dello storico romano Livio illustrino questo efficace sistema offensivo.

I primi a entrare nel vivo dello scontro erano gli hastati. Se questi ultimi non riuscivano a piegare la resistenza del nemico, si ritiravano a passo lento e andavano a occupare gli spazi vuoti tra i manipoli dei principes, cui toccava allora il compito di sfondare […]. Se poi anche i principes non combattevano in maniera sufficientemente efficace, dalla prima linea retrocedevano a poco a poco fino all’altezza dei triarii […]. I triarii, alzandosi a combattere dopo aver raccolto negli spazi vuoti tra le loro unità i principes e gli hastati.

Ecco allora il motivo per cui lo schieramento dell’esercito era a scacchiera. Il fatto che i soldati delle linee posteriori dovessero subentrare alle prime, richiedeva uno spazio di manovra sufficiente a evitare problemi. Un meccanismo tanto mobile poteva facilmente incepparsi con un’eccessiva compattezza. La forma a scacchiera, invece, creava un vuoto a destra e a sinistra delle truppe. Proprio in questi spazi, dunque, potevano infilarsi le file di principes e triarii, mentre quelle di hastatii si ritiravano.

Questo continuo meccanismo di ricambio offriva la possibilità di avere sempre truppe fresche a disposizione. Il nemico, dunque, era costretto ad affrontare una macchina da guerra instancabile. Una simile potenza, però, necessitava di una precisa struttura di comando che presiedesse a ogni singola unità.

Lo stato maggiore dell’esercito di Roma

La gerarchia militare prevedeva, in particolare, tre ruoli fondamentali:

  • Generali, presiedevano all’intera legione.
  • Tribuni, che comandavano mille uomini ciascuno.
  • Centurioni, che comandavano le singole centurie.

L’arma segreta dell’esercito di Roma, in realtà, è proprio la figura del centurione. Si trattava di un soldato semplice, che si era distinto nella sua carriera per le capacità belliche e organizzative. I centurioni erano organizzati in un’ulteriore gerarchia interna. A dominare, in questo caso, era il primipilo. Egli era il centurione che governava la prima centuria sulla sinistra, il punto più pericoloso dello schieramento. Partecipava anche alle riunioni degli ufficiali; per questo motivo, era perfettamente consapevole delle manovre che il generale della legione aveva programmato per la battaglia.

I soldati semplici si rivolgevano ognuno al proprio centurione, durante la battaglia. Proprio lui, infatti, era in grado di analizzare l’evolversi della battaglia e guidare i suoi uomini alla vittoria. La sua flessibilità, derivata da anni di esperienza militare, si rivelò necessaria per la macchina da guerra romana.

Nella formazione dell’esercito, ogni talento era valorizzato: per questo, anche un soldato semplice poteva raggiungere posti di comando, aumentando così il suo prestigio. Al di là delle possibilità di ascesa individuale, però, il ritmico alternarsi delle truppe garantiva un’efficacia che fino a quel momento non si era mai vista in una forza armata. Da qui al grande espansionismo romano, il passo è breve: battaglia dopo battaglia, l’esercito di Roma si afferma nel panorama dell’epoca come una macchina impossibile da sconfiggere, ricordata ancora oggi come uno straordinario esempio di genio militare.

Bibliografia

Tito Livio, Storie, libro VIII

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