La festa delle Antesterie ad Atene: il terzo giorno
La festa delle Antesterie ad Atene: il terzo giorno

La festa delle Antesterie ad Atene: il terzo giorno

La festa delle Antesterie – Photo by Daniel Radford on Unsplash

Nel mondo ellenico, le ricorrenze religiose e civili si svolgevano sotto lo sguardo attento delle divinità olimpiche. Nel caso della festa delle Antesterie, però, la maggior parte degli dèi è assente. Le celebrazioni si svolgevano nel segno di Dioniso En límnais. Accanto a questa divinità, vi era Hermes ctonio, psicopompo, il messaggero degli dèi che aveva il compito di accompagnare le anime dei defunti nell’aldilà.

Durante questa festa, i templi di tutte le restanti divinità erano chiusi e sigillati con la pece e con delle corde. In questo modo, si tentava di preservare la dimora degli dèi durante il culmine della festa, ossia quando le anime dei defunti potevano aggirarsi libere per la città. Addirittura, alcune fonti riportano che gli ateniesi stessi, a partire dalla festa dei boccali, masticassero il biancospino, rámnos in greco. Questo era considerato un antidoto contro la paura e la possibile contaminazione generata dalle anime dei defunti.

Il terzo giorno delle Antesterie: la festa delle marmitte

Il giorno 13 del mese di Antesterione prevedeva la chiusura della festa delle Antesterie. In questa occasione, si celebrava la festa delle marmitte, chútroi in greco. La moglie dell’arconte re si aggirava per la città di Atene su di un carro, affiancata da una statua del dio del vino e circondata da figure in abiti carnevaleschi. Dopo aver percorso ogni via, il corteo si fermava davanti al tempio di Dioniso stesso.

A questo punto, solamente la moglie dell’arconte re, insieme a quattordici sagge, poteva partecipare alla celebrazione. Il rito prevedeva la preparazione di una miscela di cereali e miele, chiamato panspermía. Questo pastone era destinato alla divinità e doveva essere posto sui quattordici altari di Dioniso. Ciascun altare era rappresentativo di ogni parte in cui il dio era stato smembrato dai Titani. Il mito racconta che dopo essere stato fatto a pezzi, il padre Zeus lo aveva ricomposto, fatta eccezione per il cuore, che era stato sostituito con uno in gesso. In questo momento della festa delle Antesterie si svolgeva l’ultimo rito: il sacrificio di un giovane capro, a ricordare il mito di Icario, morto per preservare la vigna sacra a Dioniso. Con questo sacrificio, i defunti potevano tornare nell’aldilà.

Una festa nella festa: le Aiore

Il terzo e ultimo giorno della festa delle Antesterie non prevedeva solamente le celebrazioni in onore di Dioniso. Si svolgeva anche la festa delle Aiore, che aveva origine nel racconto mitico. Erigone, figlia di Egisto, che era amante di Clitemnestra, non riusciva ad accettare che Oreste avesse ucciso suo padre. Per questa ragione, si era suicidata impiccandosi e aveva maledetto la città. Il tema dell’impiccagione come suicidio specifico del genere femminile è molto ricorrente nelle fonti. Anche nell’Odissea si racconta che quando Odisseo aveva compiuto la strage dei proci, le ancelle infedeli si erano impiccate alle travi del soffitto.

Il tema ricorrente della festa delle Aiore è l’impiccagione. Questa riguardava solamente le ragazze che dovevano affacciarsi alla vita adulta, in preda al terrore della violenza sottesa specialmente all’atto sessuale. Nella città di Atene aveva luogo un’epidemia collettiva. Le giovani donne, che dovevano abbandonare la casa del padre, invece che divenire spose, ad una ad una si impiccavano agli alberi della città.

Il termine aióra in greco indica l’altalena. La festa delle Aiore, quindi, è la festa delle altalene. Ci sarebbe da domandarsi in che modo l’impiccagione e le altalene possano correlarsi. La studiosa Eva Cantarella ha descritto il suicidio per impiccagione come tipico delle donne. Con questo atto, che paralizza i fluidi, si spalancherebbe un vuoto tra i piedi e la terra, che non è più in grado di sostenere il corpo. Questo dondolio del corpo inerte evocherebbe l’immagine dell’altalena, che si placa nella totale immobilità della morte.

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