La Primavera e le sue rappresentazioni
La Primavera e le sue rappresentazioni

La Primavera e le sue rappresentazioni

La primavera è simbolo di rinascita per eccellenza. È una stagione ideale. Il clima non è né troppo caldo, né troppo freddo. La natura è verdeggiante. Le piogge bagnano naturalmente i campi. A dire il vero, al giorno d’oggi le cose stanno diversamente, per via dei cambiamenti climatici. Al di là di ciò, questo periodo è stato fin dall’antichità associato alla migliore condizione in cui l’uomo potesse vivere. Le varie descrizioni dell’età dell’oro ne sono un esempio lampante.

Ciascuna forma artistica, figurata e letteraria, ha proposto varie rappresentazioni degli elementi primaverili. L’opera che subito balza alla mente è la Primavera di Sandro Botticelli. Venere, circondata da figure della mitologia, poggia su un prato costellato di fiorellini, mentre vi è un fitto sfondo di aranci e piante d’alloro. Non dobbiamo però aspettare il 1480 per leggere o ammirare le rappresentazioni di questo periodo. Già in Mesopotamia, nell’Età del Bronzo, si producevano sigilli d’argilla con rilievi naturalistici. Anche su alcune tavolette cuneiformi troviamo narrazioni legate al tema della nascita della natura, dell’abbondanza dei frutti. Vediamo due delle numerose declinazioni della rappresentazione della primavera.

Matelda nel giardino dell’Eden dantesco

Ci troviamo nel Purgatorio, canto XXVIII. Dante ha compiuto la sua ascesa sulla montagna-isola del Purgatorio e fa il suo ingresso al giardino dell’Eden. La descrizione riprende alcune immagini presenti nel racconto biblico, rielaborandole alla luce del percorso dantesco. L’auctor/agens è in trepidazione per esplorare quello che viene descritto come vero e proprio locus amoenus. La vegetazione è tanto fitta che i raggi del sole non riescono a trapassarla. Vi è una leggera brezza che fa frusciare le foglie e gli uccellini cantano sugli alberi dolci melodie. Questo luogo è immune da tutte le perturbazioni atmosferiche che riguardano la Terra. Si tratta, in effetti, del Paradiso Terrestre.

Procedendo nel suo percorso, Dante avvista il primo dei due fiumi da cui dovrà attingere: il Lete. Questo corso d’acqua è più limpido dei fiumi cristallini presenti sulla Terra. Al di là di esso, si scorge Matelda, chiamata “bella donna”, che quasi danza sul prato mentre è intenta a cogliere i fiori. La donna non può che ricordare Proserpina, prima del rapimento da parte di Plutone. È interessante notare che dopo il ratto di Proserpina, il mondo perse la primavera.

Il richiamo della stagione primaverile è preponderante in questo canto. Anzi, ancor di più, ciò viene evocato alla sua conclusione. Dopo una digressione, Matelda racconta a Dante che quei poeti che scrissero dell’età dell’oro facevano riferimento proprio al giardino edenico. Non a caso, la terzina dei vv. 142-144 riporta:

Qui fu innocente l’umana radice;
qui primavera sempre ed ogni frutto;
nettare è questo di che ciascun dice.

La sagra della primavera di Igor Stravinskij

Facendo un balzo di svariati secoli, arriviamo ai primi decenni del Novecento. Siamo nel 1913, quando per la prima volta viene messo in scena il balletto La sagra della primavera, in francese Le sacre du printemps. Musica del compositore Igor Stravinskij, l’opera viene realizzata per la compagnia dei Balletti russi. Il titolo italiano potrebbe ingannare sulla trama della vicenda. Infatti, il termine “sagra” non è da intendersi come “festa di paese”, bensì come “consacrazione“, dal latino sacrum e sacratum.

Il balletto è ambientato nell’antica Russia. Ci troviamo in un mondo pervaso da riti pagani. Infatti, in questo contesto, una giovane fanciulla deve essere sacrificata agli dei, ballando fino alla morte. Il fine del rito consiste nella richiesta di una primavera propizia, garantita dal sacrificio dell’adolescente. Quando il sipario si apre, i ballerini sono immersi in un ambiente primaverile, con fiori e natura verdeggiante. Da qui, hanno inizio le vicissitudini che portano al rito sacrificale, in un crescendo di durezza e crudeltà.

Ci troviamo in un contesto di gran lunga diverso da quello dantesco. La scena iniziale presenta gli stilemi tipici della primavera, ricca di fiori. D’altra parte, l’ambiente felice è pervaso da un’aura tenebrosa. La morte di una fanciulla è necessaria, perché garanzia di vita. Può sembrare paradossale ai nostri occhi. Tuttavia, in un mondo un cui il tema del sacro pervade ogni ambito, è più che coerente trovare una simile manifestazione. In molte società arcaiche vi era un tale legame di fiducia nei confronti della divinità, da far porre fine alla vita di un individuo scelto. Non c’era nulla di peggiore nell’antichità che scatenare l’ira del dio: ciò avrebbe probabilmente comportato siccità, carestia e pestilenze, privando l’uomo della primavera.

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