L’età dell’oro: la speranza di un mondo edenico
L’età dell’oro: la speranza di un mondo edenico

L’età dell’oro: la speranza di un mondo edenico

L’età dell’oro – Photo by Johnny McClung on Unsplash

Ogni cultura possiede un bagaglio ricco di miti cosmogonici. A questi sono spesso associate narrazioni di un passato remoto in cui gli uomini vivevano in perfetta armonia con la natura. Un mondo in cui non esistevano la fatica, il dolore, il male, i turbamenti dell’uomo, ma vi era un’eterna condizione di pace. In molte tradizioni ciò è riferito al tempo mitico dell’età dell’oro.

Questo tema si può riscontrare nel racconto biblico della Genesi. Dio ha creato l’uomo e la donna, Adamo ed Eva. Egli ha fatto loro dono del giardino dell’Eden, poi perduto a causa del consumo del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male. Il giardino è descritto come un luogo rigoglioso, ricco di vegetazione e corsi d’acqua. Lo stesso termine “eden” in ebraico è connesso con il concetto di “delizia”.

Infatti, questi luoghi sono stati tradizionalmente descritti come giardini paradisiaci, dominati da una piacevole perfezione. Si pensi alla descrizione dantesca del Paradiso Terrestre (Purg., XXVIII). La narrazione di un luogo perfetto e di piena armonia si può incontrare non solo in ambito ebraico-cristiana. I poeti della tradizione greca hanno ampiamente cantato l’età dell’oro, passandone poi il testimone al mondo latino.

L’età dell’oro nelle Opere e giorni di Esiodo

Il mito dell’età dell’oro ha una tradizione letteraria ben radicata nel mondo ellenico. Le prime testimonianze risalgono addirittura ad Esiodo, autore vissuto intorno al VII secolo a.C. Il suo testo Opere e giorni ha lo scopo di fornire dei precetti al fratello dell’autore stesso e agli individui intorno a lui. Le tematiche trattate, legate alla vita agricola, si incastonano in una trama ricca di miti e favole. Tra di esse, vi è la narrazione del mito di Prometeo, di Pandora, la prima donna, e del mito delle cinque età.

Esiodo racconta che nella storia del mondo si sono susseguite cinque stirpi. La prima è la stirpe degli uomini d’oro, creati dagli immortali. Si tratta dell’età di Crono. Qui la natura era lussureggiante, ricca di ogni frutto e di armenti. Ciascuno condivideva gli infiniti beni in una condizione di pace e armonia. Gli individui che hanno vissuto in questa età erano mortali, ma in possesso di una vita lunghissima e dell’eterna giovinezza. Erano immuni dallo scorrere del tempo e si spegnevano improvvisamente, colti dal sonno. A dire il vero, costoro non morivano, bensì mutavano la propria natura da umana a demoniaca. Infatti, si aggiravano come demoni epictoni sulla terra, per proteggere gli uomini.

Successivamente, il testo riporta che alla stirpe d’oro è succeduta quella degli uomini d’argento, poi di bronzo e degli eroi. Questi ultimi abitavano le Isole dei beati, luogo simile a quello abitato dalla stirpe d’oro, ma non più possesso degli uomini. Infine, vi è l’età degli uomini di ferro, in cui vive Esiodo. Emerge la volontà del poeta di vivere in un mondo più felice di quello in cui è nato, un’epoca identificabile con l’età dell’oro. Questo a testimonianza del fatto che è ben radicata nell’uomo la speranza del ritorno di un’età di armonia e ricchezza, come quella in cui vissero gli uomini d’oro.

L’Ecloga IV di Virgilio: il ritorno dell’età dell’oro sotto Augusto

La tradizione greca del mito dell’età dell’oro è stata accolta dal mondo romano. Emblema del ritorno di questa epoca di ricchezza e pace è l’età Augustea. Augusto, infatti, ha predisposto in quest’ottica il proprio programma politico, una volta divenuto princeps di Roma. Sul piano letterario, Virgilio ne è risultato il massimo interprete. Senza dubbio, l’opera maggiormente rappresentativa del legame tra Augusto e il poeta è l’Eneide. Tuttavia, alcune tematiche di opere antecedenti al capolavoro virgiliano sono state sfruttate dal princeps a dimostrazione dell’avvento di una nuova età dell’oro con la sua ascesa al potere. A queste appartengono le Bucoliche.

Nell’Ecloga IV, composta intorno al 40 a.C., l’autore profetizza la nascita di un puer che cambierà le sorti della storia. Costui riporterà l’umanità verso una nuova età dell’oro. Il testo è stato composto durante il consolato di Asinio Pollione, padre del nascituro, secondo la tradizione più accreditata. In tutta l’ecloga emerge una speranza profonda del rinnovamento dell’umanità, espressa con toni profetici.

La tradizione cristiana ha fatto proprio questo testo, identificando il puer con Gesù, a tal punto che in età medievale si parlava di un Virgilio cristiano. In verità, l’Ecloga IV è ricca di locuzioni che rimandano alla religiosità romana dei Libri Sibillini, allo stoicismo e alle teorie orfico-pitagoriche. Il ritorno dell’età dell’oro e la speranza in un futuro migliore non è altro che un’allusione alla fiducia riposta nei confronti di Ottaviano, futuro Augusto. Egli infatti, si sarebbe posto come restauratore della res publica e degli antichi valori, di contro al dramma delle guerre civili da poco terminate.

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