Ritorno a Caprarola

Panorama da Caprarola

Un borgo immerso nella natura

In provincia di Viterbo sorge un piccolo borgo pieno di vicoli e saliscendi. Parliamo di Caprarola, un paese noto soprattutto per l’imponente residenza rinascimentale che domina il paesaggio circostante.

La zona in cui sorge il borgo è particolarmente suggestiva anche dal punto di vista naturalistico. Nelle vicinanze, infatti, circondato dai monti Cimini, si estende il lago vulcanico di Vico, che fin dall’antichità era al centro di leggende mitiche. Tra queste, la più famosa racconta che Eracle, durante le sue peregrinazioni, si fermò qui e sfidò gli abitanti a sfilare da terra la clava che egli aveva conficcato nel terreno; nessuno, però, ci riuscì. Il semidio, compiaciuto della sua forza, sollevò la sua clava, provocando una voragine, da cui nacque una sorgente d’acqua naturale.

Il vulcano Vicano, sprofondando ben 400.000 anni fa, ha lasciato posto a una vasta riserva che, nel corso dei secoli, si è popolata di aree boschive particolarmente fitte. Tutte queste aree sono oggi comprese nella Riserva Naturale del Lago di Vico, istituita nel 1982.

Caprarola dal Medioevo al Rinascimento

La posizione inerpicata di Caprarola giustifica il fatto che le sue prime testimonianze risalgono solo all’XI secolo. Nel corso del Medioevo, molte famiglie si succedettero nel controllo nella città: dagli Orsini, agli Anguillara, ai Riario e i Della Rovere.

Le tracce dell’avvicendamento di potere sono ancora presenti nel tessuto urbano. Palazzo Riario, per esempio, prima di essere dimora del potente cardinale Alessandro Riario, era stata residenza della famiglia Anguillara.

A promuovere lo sviluppo del piccolo borgo è, però, la famiglia Farnese. Proprio qui, infatti, il cardinale Alessandro Farnese decise di costruire un palazzo per riposare. I lavori iniziarono nel 1514, ma furono presto sospesi a causa di una serie di eventi e catastrofi. Tra queste, l’elezione a pontefice di Alessandro e, nel 1527, il sacco di Roma, condotto dalle milizie dell’imperatore Carlo V d’Asburgo. Solo nel 1547, dunque, Antonio Sangallo riprenderà il progetto. Alla sua morte, a succedergli sarà niente meno che Michelangelo, anche se per poco tempo. La morte del papa, infatti, interromperà nuovamente i lavori, fino alla ripresa promossa dal nipote, Ruggero, che affida l’incarico al Vignola.

Palazzo Farnese: un capolavoro del manierismo italiano

La residenza di Caprarola, con la sua imponenza, lascia senza fiato. Ogni stanza è un capolavoro di affreschi e decorazioni, con i soggetti più vari. Si va dai racconti biblici all’elogio della famiglia Farnese e ancora oltre.

Ogni sala accoglie un diverso soggetto. Nella Cappella, per esempio, una scena ricorda da vicino la Creazione di Adamo di Michelangelo. Nella Sala dei Fasti Farnesiani, invece, dominano varie personalità eminenti della famiglia, assieme alle allegorie di alcune virtù.

I soggetti non si limitano alla sola sala in cui sono raffigurati, ma si richiamano tra loro. Il giudizio di Salomone, per esempio, si lega agli affreschi della Stanza degli Angeli, dove l’arcangelo Gabriele trionfa su Lucifero. Allo stesso modo, l’etica della giustizia è destinata a trionfare sul male.

Una sala particolarmente suggestiva e imponente è quella di Ercole. Probabilmente concepita per il pranzo, la sala si caratterizza per la fontana, opera di Curzio Maccarone, e per l’apparato decorativo. Il soggetto principe degli affreschi, infatti, è proprio Ercole. L’eroe viene inserito nella mitica narrazione riguardo l’origine del lago di Vico. Nella volta, egli nuota nelle acque del lago. Nei lati corti, invece, egli mostra la sua forza agli abitanti della zona, estraendo la clava da terra. I contadini, resisi conto della sua essenza divina, gli dedicano un tempio. La sua stessa storia mitica ritorna sui lati lunghi della sala, dove sono rappresentate quattro delle celebri dodici fatiche. Così Eracle uccide l’Idra di Lerna, cattura il toro di Creta, per poi affrontare i Centauri e Cerbero.

A completare la magnificenza della sala, era presente anche il famoso Ercole Farnese, oggi conservato al Museo Archeologico di Napoli. La scultura, realizzata dall’ateniese Glicone nel III secolo a.C., mostra il semidio in tutta la sua imponenza; pensate, d’altronde, che Ercole è alto ben 3,17 m!

L’esterno del Palazzo: il cortile centrale e i giardini

Palazzo Farnese lascia a bocca aperta anche per l’attenzione riservata alle architetture esterne. Il cortile centrale, in primo luogo, è un eccezionale capolavoro di architettura, su cui si affacciano tutte le stanze degli ospiti. L’impianto della struttura non è, in realtà, un caso unico, ma torna nei progetti difensivi dell’epoca. La peculiarità del cortile di questo palazzo sta nella mirabile decorazione dei porticati, opera di Antonio Tempesta. Anche qui, quindi, un tripudio di raffigurazioni che animano gli ambienti esterni e si legano armoniosamente con gli interni.

I giardini alti, o Orti farnesiani, concludono il complesso all’insegna del tardo manierismo. Non sono stati completati contestualmente al resto della reggia, ma le modifiche si sono susseguite nel corso del tempo fino al tardo ‘500.

Il cardinal Farnese aveva pensato a questa zona aperta come luogo di riposo e ozio, da dedicare anche alla caccia. Per questo, venne finanziata anche la costruzione della Casina del Piacere, dove gli invitati potevano rifocillarsi a seguito di una lunga battuta di caccia.

Le meraviglie del Rinascimento, anche a Caprarola

La reggia di Alessandro Farnese a Caprarola è un meraviglioso esempio di architettura rinascimentale. Siamo in un’epoca in cui i prelati possedevano grandi ricchezze e, come i nobili, le impiegavano per distrarsi dai loro impegni. Per questo, l’arte raggiunge ora il suo acme. Ogni capolavoro doveva richiamare i grandi valori degli antichi e la loro etica. La valorizzazione del patrimonio antico e dell’arte ha premiato il nostro paese. I potenti del ‘500, infatti, hanno così disegnato un’Italia all’insegna dell’arte. Un’Italia che è nostra e, ogni giorno, non smette di stupire i turisti di tutto il mondo.

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