Spingendo la notte più in là, Mario Calabresi
Spingendo la notte più in là, Mario Calabresi

Spingendo la notte più in là, Mario Calabresi

Spingendo la notte più in là – Photo by Maria Lysenko on Unsplash

Mario Calabresi nasce nel 1970. Figlio del Commissario di Pubblica Sicurezza Luigi Calabresi, è uno dei numerosi familiari delle vittime colpite durante gli anni del terrorismo italiano degli anni ’70. Spingendo la notte più in là è un testo autobiografico che tocca il lettore in profondità, con un fare delicato. In poco più di un centinaio di pagine, Mario Calabresi racconta la storia della sua famiglia e delle altre vittime del terrorismo, come cita il sottotitolo del libro. Noi di Ambrosiam vogliamo ricordare gli eventi a cinquant’anni dalla morte del Commissario.

Ci troviamo negli anni che hanno seguito la strage di piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969. Il Commissario Luigi Calabresi aveva all’epoca preso parte alle indagini sull’evento. In questo contesto, trovò la morte l’anarchico Giuseppe Pinelli, cadendo da una finestra. Calabresi fu considerato il responsabile dell’assassinio e divenne oggetto di una campagna di stampa che lo etichettava come assassino di Pinelli. In un clima di forte tensione, il 17 maggio 1972 due proiettili lo colpirono e lo lasciarono senza vita davanti alla propria abitazione.

L’assassinio del Commissario Calabresi è stato tutt’altro che inaspettato. Spingendo la notte più in là si apre proprio con queste parole:

Non era una giornata “normale” quando venne ucciso, nel senso che non era inaspettata.

Mario Calabresi rievoca quegli anni grazie ai suoi pochi ricordi, con l’aiuto della madre, dei familiari e degli amici. È il racconto di un epilogo inevitabile. La medesima sorte è toccata ad altre famiglie, di cui l’autore narra le vicende, affiancandole alla propria.

Spingendo la notte più in là: le vittime taciute degli “Anni di piombo”

Gli omicidi coinvolgono non solo chi viene ucciso, ma anche chi deve sopportare un dolore dilaniante a seguito di esso. Il Commissario Calabresi ha lasciato la moglie Gemma e tre figli, di cui uno ancora in grembo. In Spingendo la notte più in là è fin da subito chiara la condizione di chi rimane. Gemma deve crescere da sola tre figli, dopo l’assassinio del marito. Ha, però, il desiderio di educarli non all’odio, né alla vendetta, ma alla fiducia nella giustizia.

Desta stupore agli occhi dei lettori la reazione della famiglia Calabresi in seguito al ricevimento di una medaglia alla memoria del Commissario. “Meglio tardi che mai”, riporta il testo. Non ci sono lamentele di alcun genere nei confronti dello Stato, che ha accumulato numerosi ritardi prima di conferire l’onorificenza. L’autore dice:

Bisogna cercare di non restare fermi, imbalsamati, a replicare all’infinito la liturgia del lutto. […] Noi volevamo tenere Luigi Calabresi vivo, riscattare la sua memoria, ripulirlo dal fango e dargli giustizia.

Certamente vi è la consapevolezza che, per quanto lo Stato omaggi le famiglie dei caduti a causa del terrorismo, queste sono spesso lasciate sole. Le lamentele, tuttavia, servono a ben poco e, forse, rendono ancora più difficile la possibilità elaborare il dolore. I familiari delle vittime hanno preso in carico il compito di non fare cadere nell’oblio i propri cari. Questo è ciò che noi, al giorno d’oggi, dobbiamo accogliere, per imparare dagli eventi del passato e per far sì che certi orrori non si verifichino più.

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