Il Partenone è il tempio di Atena sull’Acropoli?
Il Partenone è il tempio di Atena sull’Acropoli?

Il Partenone è il tempio di Atena sull’Acropoli?

Il Partenone è uno degli edifici più noti al mondo. Abbiamo già avuto modo di ripercorrere le sue vicende storiche. Dietro questo magnifico monumento, si nascondono anche numerosissime interpretazioni. Alcune di queste sono molto suggestive e ci portano a rivalutare completamente l’immagine che ci siamo creati del Partenone.

I numerosi nomi che identificano l’edificio

Il Partenone era lo scrigno che conservava la statua crisoelefantina di Athena Parthenos, dal greco “Atena la vergine”. Da qui, il nome che utilizziamo per identificare l’edificio. Tuttavia, le fonti ci tramandano altri termini che definiscono il monumento. A dire il vero, nessuno di questi richiama il Partenone nel suo complesso, ma solamente a parte di esso.

I resoconti sulle spese del cantiere riportano il termine Proneos. Il riferimento è al pronao, area di un tempio che introduce alla cella, opposto all’opistodomo. In realtà, entrambi gli ambienti nel Partenone risultano molto schiacciati, tanto da sembrare due fronti colonnate. Questo, per effetto di un ampliamento dell’ambiente centrale verso l’esterno.

Le fonti parlano anche di Hekatompedon, dal greco “100 piedi“. In questo caso, i richiami riguardano lo spazio della cella che ospitava la statua fidiaca di Athena Parthenos. Effettivamente, la cella ha una lunghezza di quasi 100 piedi. Con questo nome, però, gli antichi erano soliti chiamare uno dei templi precedenti il Partenone. Allora è inevitabile il confronto con l’edificio precedente. Da un lato, emerge la volontà di creare continuità con l’antico. D’altra parte, sembra si sia voluta rimarcare la monumentalità della nuova costruzione. Inoltre, vi è una lunga tradizione di templi lunghi 100 piedi, come l’Heraion di Olimpia. In questo modo, è possibile che il termine si riferisca anche all’importanza cultuale del sito.

Altri due sono i termini riscontrabili nelle fonti antiche: Parthenon e Opisthodomos. Il primo identificherebbe la porzione ovest della cella, definita, quindi, come la sala delle vergini. Si tratterebbe del luogo dove le arrhephoroi avrebbero tessuto il peplo donato alla dea Atena in occasione delle Panatenee. Il secondo, invece, farebbe riferimento all’ambiente speculare al pronao.

Il Partenone, quindi, è il tempio di Atena sull’Acropoli?

Come accennato in precedenza, nell’ambiente ovest della cella avrebbero operato le arrhephoroi, dal greco “tessitrici del peplo“. Infatti, in occasione della festa delle Panatenee, queste fanciulle dovevano preparare un peplo da donare alla dea Atena. Secondo la tradizione, l’usanza risaliva all’epoca di Teseo. Il dono era portato in processione, dalla porta del Dipylon, passando per l’Agorà di Atene. Successivamente, ascendendo fino ai Propilei, si giungeva al tempio di Athena Poliàs. Qui era conservata l’immagine di culto della dea.

Potrebbe, quindi, sorgere spontanea una domanda: se il tempio della dea è quello di Athena Poliàs, cos’è il Partenone? Vi sono numerosissimi studi a riguardo. La tradizione architettonica greca prevede che davanti a un tempio si trovi un altare sacrificale. Effettivamente, a nord dell’Eretteo vi sono le tracce di un grande altare legato al tempio di Athena Poliàs. Non esistono, però, resti di altari riferibili al Partenone. Non si può nemmeno ipotizzare che questo non sia ancora stato scavato. Infatti, gli scavi dell’Acropoli hanno setacciato ogni metro quadro dell’area.

Un altro elemento di cui tener conto è il fatto che le fonti non citano l’esistenza di alcuna sacerdotessa dedita al culto di Athena Parthenos. Nel mondo greco ogni tempio è dotato di un proprio culto, presieduto da un sacerdote o da una sacerdotessa. Ciò non accade nel caso del Partenone. Inoltre, la statua crisoelefantina di Fidia non è riconosciuta dalle fonti come statua di culto.

Il Partenone, quindi, ha l’aspetto di un tempio, ma verrà percepito come tale soltanto nelle epoche successive. Al momento della costruzione, era considerato un’enorme offerta votiva per la dea Atena. Doveva fungere da banca della città. Infatti, nell’ambiente est della cella era conservata la statua crisoelefantina, realizzata con ben 44 talenti d’oro. Nell’ambiente ovest, invece, il tesoro della Lega delio-attica.

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