Natale ortodosso: perché si festeggia il 7 gennaio
Natale ortodosso: perché si festeggia il 7 gennaio

Natale ortodosso: perché si festeggia il 7 gennaio

Sta per terminare una tra le più importanti festività cristiane: il Natale. A concludere definitivamente questo periodo sarà la prossima Epifania, il 6 gennaio. La data cui si lega la ricorrenza della nascita di Cristo, però, non è uguale in tutte le nazioni. Il Natale ortodosso, infatti, si festeggia addirittura il 7 gennaio. Qual è il motivo di questa discrasia tra Chiesa Cattolica e Ortodossa? Per spiegarlo, bisogna tornare decisamente molto indietro, fino addirittura al Neolitico.

L’introduzione del calendario nella società civilizzata

Come ben sappiamo, il calendario non è altro che una costruzione artificiale risalente al Neolitico. Quando l’uomo imparò l’arte della coltivazione e dell’allevamento, si accorse che il ritmo della natura seguiva una ben precisa scansione temporale. Lo stesso valeva anche per le donne, che devono affrontare un lungo periodo di gestazione prima di dare alla luce un figlio. Inizialmente, per determinare intervalli di tempo stabili nel ciclo della natura, si ricorse all’osservazione dei cicli lunari. L’alternarsi della luna nuova, crescente, piena e decrescente, dunque, diede vita alle prime forme di calendario.

Progressivamente, però, ci si accorse che i calendari lunari non erano adatti alla coltivazione della terra. La vita delle piante e del nostro globo, più in generale, si basa infatti sul tempo che la terra impiega per girare attorno al sole, non sui cicli lunari. Tra i due sistemi di calcolo si generava una differenza di ben 10 giorni: un anno solare, infatti, dura 365 giorni, ben dieci in più rispetto a quello lunare. Di conseguenza, solo tre anni dopo l’introduzione del calendario, fu necessario elaborare una nuova modalità di scandire il tempo.

A elaborare il nuovo sistema furono i sacerdoti d’Egitto. Il loro ruolo ha un’importanza fondamentale, soprattutto tenendo conto del complicato equilibrio sotteso all’agricoltura egizia. La coltivazione della terra, infatti, si fondava sulla periodica piena del Nilo. Anche solo un conteggio sbagliato dei tempi di semina, quindi, rischiava di rendere vano il duro lavoro dei contadini. Il calcolo dei sacerdoti era molto preciso, e giunse a stabilire la durata di un anno solare in 365 giorni e 6 ore.

Giulio Cesare e papa Gregorio XII: il calendario giuliano e gregoriano

Nel 48 a.C. Giulio Cesare sbarcò in Egitto, all’inseguimento di Pompeo. Qui, l’allora dittatore rimase colpito dalla precisione del calendario elaborato a corte. A Roma, invece, il calendario era ancora lunare e, peraltro, costantemente stravolto dalle decisioni politiche dei magistrati (i pontefici, in particolare). Di conseguenza, egli affidò ad alcuni astronomi egiziani il compito di elaborare un calendario solare per Roma, che prevedesse una suddivisione in 12 mesi. Questa partizione (così come quella tra mesi di 30 e 31 giorni) è totalmente arbitraria. Il moto della terra attorno al sole, infatti, si definirebbe in sé sulla base di quattro, lunghi mesi: le stagioni. Dividere l’anno in dodici mesi, invece, permetteva di tenere molto più agevolmente il conto dei giorni che passavano.

Il calendario introdotto da Cesare ebbe grande successo, perlomeno fino al XVI secolo. Nel 1582, infatti, gli astronomi dell’osservatorio pontificio di Castel Gandolfo calcolarono la durata dell’anno solare in 365 giorni, 6 ore e 20 minuti. I venti minuti non calcolati dagli egizi, ogni 100 anni, generavano un giorno di differenza rispetto al ciclo solare. Dopo quindici secoli, si erano persi quindi ben 15 giorni, e l’agricoltura iniziava a risentirne.

Il pontefice dell’epoca, Gregorio XIII, risolse rapidamente la situazione il 5 ottobre. Stabilì, infatti, che il giorno successivo non sarebbe stato il 6 ottobre, bensì il 19. Insomma, si limitò a colmare la discrasia che si era generata. Per evitare che un simile problema si ripetesse, inoltre, stabilì che tutti gli anni secolari divisibili per quattrocento fossero da considerarsi bisestili. Lo scarto, dopo questa riforma, consiste di un solo giorno ogni 2000 anni.

La scelta delle Chiese Ortodossa e Protestante e la discrasia rispetto al Natale ortodosso

La Chiesa Protestante accettò e adottò di buon grado il calendario gregoriano. Gli ortodossi, invece, rifiutarono di accodarsi alla decisione del pontefice e preferirono mantenere il precedente calendario giuliano. Di conseguenza, ancora oggi, la Chiesa Ortodossa segue un sistema di determinazione temporale che è indietro di quindici giorni rispetto al nostro. Ecco spiegarsi, allora, la differenza tra il Natale ortodosso e quello che, per la Chiesa Cattolica, è sul punto di concludersi. Una frattura, questa, che è frutto di millenni di storia, e affonda le proprie radici nei contrasti tra le due forme di cristianesimo.

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